Cass., Sent. 14.06.2024, n. 16629
Il giudice di merito, prima di valutare la pienezza della prova contraria offerta dal contribuente, è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente, che le presunzioni fornite dall'Ufficio rispondano ai requisiti di gravità, precisione e concordanza.
"Non è dubbio che la sentenza impugnata sia erronea nella parte in cui si contesta l'utilizzazione del metodo accertativo da parte dell'Ufficio, trattandosi di scelta discrezionale che non può essere sindacata dal giudice di merito, il quale può verificare unicamente la sussistenza in concreto dei presupposti sui quali l'accertamento si fonda. Presupposti che, in ipotesi, si giustificano in ragione della sostanziale incompletezza della contabilità tenuta dalla società contribuente.
Ne consegue la legittimità dell'accertamento analitico - induttivo condotto dall'Ufficio e fondato su presunzioni, la cui serietà, precisione e concordanza può essere (questa sì) oggetto di valutazione da parte del giudice di merito.
Invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte, l'accertamento tributario, sia con riferimento all' imposizione diretta che all'IVA, può fondarsi anche su presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, senza necessità che l'Ufficio fornisca prove "certe". Pertanto, il giudice tributario di merito, investito della controversia sulla legittimità e fondatezza dell'atto impositivo, è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi forniti dall'Amministrazione, dando atto in motivazione dei risultati del proprio giudizio (impugnabile in cassazione non per il merito, ma esclusivamente per inadeguatezza o incongruità logica dei motivi che lo sorreggono) e solo in un secondo momento, ove ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, che ne è onerato ai sensi degli artt. 2727 e ss. e 2697, secondo comma cod. civ."