Cass., Ord. 31.10.2024, n. 28177

05.11.2024

L'onere di provare che il plico non contiene un atto spetta non già al mittente ma al destinatario.

"Secondo l'orientamento giurisprudenziale maggioritario, nel caso di contestazione dell'atto comunicato a mezzo raccomandata, l'onere di provare che il plico non conteneva l'atto stesso, ovvero che ne conteneva uno diverso da quello spedito, grava sul destinatario in forza della presunzione di conoscenza di cui all'art. 1335 cod. civ., fondata sulle univoche e concludenti circostanze della spedizione e dell'ordinaria regolarità del servizio postale. Tale conclusione discende altresì dal cosiddetto "principio di vicinanza della prova" poiché, una volta effettuata la consegna del plico per la spedizione, esso fuoriesce dalla sfera di conoscibilità del mittente e perviene in quella del destinatario, il quale può dunque dimostrare che al momento del ricevimento il plico era privo di contenuto (o ne aveva uno diverso).  In altri termini, conformemente a quanto statuito da questa stessa Sezione (Cass. 22/06/2018, n. 16528 ; Cass. 28/12/2018, n. 33563) la prova dell'arrivo della raccomandata fa presumere l'invio e la conoscenza dell'atto, mentre l'onere di provare eventualmente che il plico non conteneva l'atto spetta non già al mittente bensì al destinatario. [...]

La prova dell'arrivo della raccomandata fa presumere, ex art. 1335 cod. civ., l'invio e la conoscenza dell'atto, spettando al destinatario l'onere eventuale di provare che il plico non conteneva l'avviso. Tale presunzione, però, opera per la sola ipotesi di una busta che contenga un unico atto, mentre ove il mittente affermi di averne inserito più di uno (come nella specie, gli avvisi di accertamento per più annualità) ed il destinatario contesti tale circostanza, grava sul mittente l'onere di provare l' intervenuta notifica e, quindi, il fatto che tutti gli atti fossero contenuti nel plico e ciò in quanto, secondo l'id quod plerumque accidit, ad ogni atto da comunicare corrisponde una singola spedizione."