Cass., Ord. 25.07.2024, n. 20778
Corretto riparto dell'onere probatorio idoneo a dimostrare: per l'Amministrazione l'interposizione di persona in sede di accertamento, per il supposto interponente l'assenza di tale situazione giuridica.
"L'art. 37, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973 dispone che: "In sede di rettifica o di accertamento d'ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l'effettivo possessore per interposta persona. La norma si riferisce a qualsiasi ipotesi di interposizione, sia fittizia che reale, ed anche ad un uso improprio di un legittimo strumento giuridico.
Per soddisfare l'onere probatorio gravante sull'Ufficio non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, ma è sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile secondo un criterio di normalità, con riferimento a una connessione probabile di accadimenti in base a regole di esperienza.
L'oggetto della prova incombente sull'Amministrazione finanziaria non attiene agli elementi costitutivi dell' interposizione ma solo - come precisa la norma - che "egli (il soggetto terzo) ne è l'effettivo possessore per interposta persona": la funzione della norma, dunque, è quella di evitare che il contribuente (effettivo possessore) si sottragga al prelievo occultando all'Amministrazione finanziaria la propria identità di contribuente, ricorrente ad interposizioni negoziali tali da attribuire a terzi il possesso del reddito. In altri termini, il possesso del reddito "per interposta persona" costituisce il fatto ignoto oggetto della prova logica a carico dell'Ufficio, quale elemento che lega il reddito prodotto dal soggetto interposto al titolare effettivo: la rilevanza dell'effettivo possesso del reddito rispetto alla sua titolarità formale sancisce la prevalenza della sostanza (possesso del reddito) sulla forma (titolarità del reddito) e della realtà sull'apparenza, dovendosi individuare non la natura fittizia o ingannevole della titolarità del reddito, bensì l'effettività dell'esercizio del possesso del reddito a prescindere dalla sua formale titolarità. [...]
La posizione dell'interponente non è quella di mero gestore dell'ente collettivo [...] ma di soggetto che disponga uti dominus delle risorse del soggetto interposto, sicché la prova che incombe sull'Amministrazione finanziaria ha ad oggetto il totale asservimento della società interposta all' interponente, tale, quindi, da dimostrare: a) la relazione di fatto tra l' interponente e la fonte del reddito del soggetto imprenditoriale interposto; b) che il primo sia l'effettivo possessore dei redditi formalmente intestati alla società.
Qualora l'Amministrazione fornisca tale prova [...] graverà sull'interponente la prova contraria finalizzata a dimostrare l'assenza di interposizione ovvero la mancata percezione dei redditi del soggetto interposto."