Cass., Ord. 14.02.2024, n. 4112
Differimento dell'esigibilità dell'IVA e corrispondente detrazione: la scelta del suddetto regime, ancorché discrezionale, è attuabile solo al sussistere di precipue circostanze.
"L'art. 6, quinto comma, D.P.R. n. 633/1972 prevede, a regime, nell'ambito delle deroghe concesse ai singoli Stati membri dall'art. 66, par. 1, lett. b) Dir. 2006/112/CE , il differimento dell'esigibilità dell'IVA (in deroga al momento della effettuazione della prestazione) al momento del pagamento della prestazione (cash accounting), ove la prestazione rientri in uno dei casi espressamente previsti da tale disposizione (es. cessioni di farmaci da parte di farmacisti, servizi erogati ad alcuni enti pubblici). Si tratta di casi ordinariamente (ma non necessariamente) soggetti ad esigibilità differita. In questo caso, anche il diritto a detrazione sorge al momento del versamento del prezzo.
Il D.L. n. 185/2008, convertito con L. 28 gennaio 2009, n. 2, ha esteso con l'art. 7 la possibilità per i contribuenti di avvalersi del menzionato regime dell'IVA differita, già previsto dall'art. 6, quinto comma, secondo periodo D.P.R. n. 633/1972. [...]
Si tratta di una misura eccezionale, da interpretare restrittivamente al pari delle altre deroghe consentite dalla Dir. 112/2006/CE che non istituisce propriamente un regime di esigibilità differita (di cassa) per il contribuente per tutte le operazioni attive, consentendogli di optare per questa soluzione discrezionalmente in relazione a quelle specifiche cessioni (di beni o servizi) intermedie per le quali il contribuente intenda fare applicazione di tale disciplina. Come contrappeso a questa facoltà attribuita al contribuente (a sua discrezione) - in relazione a singole operazioni sottostanti ("per le operazioni di cui ai presente comma") - il legislatore ha richiesto che per le operazioni per cui vi sia stata l'opzione per l'IVA differita per cassa "la fattura reca l'annotazione che si tratta di operazione con imposta ad esigibilità differita, con l'indicazione della relativa norma", pena l'applicazione del regime ordinario.
La suddetta disposizione è stata abrogata (con decorrenza dal 1 dicembre 2012) dall'entrata in vigore dell'art. 32-bis L. 7 agosto 2012, n. 132 di conversione del D.L. n. 83/2012. Questa norma costituisce, invero, precisa attuazione del Diritto dell'Unione (art. 167-bis Dir. 112/2006/CE , introdotto dalla Direttiva 2010/45/UE), che ha previsto per gli Stati membri, a sostegno delle piccole e medie imprese, l' introduzione per le cessioni intermedie di un "regime opzionale" (art. 167-bis, par. 1 e 2) di differimento dell'esigibilità dell'IVA e della corrispondente detrazione, ove il soggetto passivo abbia un fatturato annuo non superiore ad Euro 2.000.000. Si tratta di un regime facoltativo di contabilità di cassa ai fini IVA, diretto a semplificare il pagamento dell' imposta per le piccole imprese, nonché ad aiutare dichiaratamente le piccole e medie imprese che hanno difficoltà a pagare anticipatamente l'imposta rispetto al momento dell'incasso della prestazione.
L'art. 32-bis D.L. n. 83/2012, coerentemente, prevede che per le cessioni intermedie operate da soggetti passivi con fatturato non superiore ad Euro 2.000.000 l' imposta divenga esigibile (così differendo anche l'esercizio della detrazione) al momento del pagamento del corrispettivo, ove il contribuente faccia opzione per questo "regime" (art. 32-bis, comma 2, D.L. cit.) secondo le modalità indicate da un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate. Il provvedimento del Direttore ADE n. 165764/2012 dispone che l'opzione per la liquidazione dell'IVA per cassa si desume anche dal comportamento concludente del contribuente ed è comunicata, ai sensi dell'articolo 2 D.P.R. 10 novembre 1997, n. 442, nella prima dichiarazione annuale ai fini dell' imposta sul valore aggiunto da presentare successivamente alla scelta effettuata, richiedendosi anche il riporto sulle fatture emesse dell'annotazione che si tratta di operazione con "IVA per cassa" e l'indicazione dell'articolo 32-bis. [...]
Fatte tali premesse, deve ritenersi che tra l'art. 7 D.L. n. 185/2008 e l'art. 32-bis D.L. n. 83/2012 non vi sia continuità normativa, a differenza di quanto deduce il ricorrente. In primo luogo, le norme hanno diversa copertura di Diritto dell'Unione. L'art. 7 D.L. n. 185 cit. è riconducibile alle deroghe accordate ai singoli Stati membri dall'art. 66 Dir. n. 112/2006/CE ed è norma adottata sulla base di eventi eccezionali, la quale (trattandosi di una deroga al regime IVA ordinario) va in ogni caso interpretata in senso restrittivo, al pari delle altre deroghe all'art. 66, Dir. n. 112. In secondo luogo, l'art. 7 consente al contribuente (in relazione al periodo di imposta per cui è causa) di avvalersi del regime di IVA per cassa solo per determinate operazioni, laddove l'art. 32-bis istituisce un vero e proprio "regime opzionale", operante per tutte le operazioni sottostanti. Se, pertanto, il riscontro dell'adozione di un regime opzionale (per tutte le operazioni) può essere effettuata anche per facta concludentia, in ossequio al principio secondo cui l'opzione per l'applicazione dell' imposta può essere surrogata dal comportamento concludente del contribuente a termini dell'art. 1, comma 1, D.P.R. 10 novembre 1997, n. 442, come interpretato dall'art. 4 l. 21 novembre 2000, n. 342 (Cass., Sez. V, 16 luglio 2020, n. 15178 ), altrettanto non può avvenire solo ove singole operazioni imponibili (e non tutte) abbiano usufruito di questa opzione a discrezione del contribuente.
Deve, pertanto, enunciarsi il seguente principio di diritto:
L'art. 7 D.L. n. 185/2008 consente ai contribuenti che effettuino cessioni di beni o prestazioni di servizi nei confronti di cessionari o committenti che agiscano nell'esercizio di impresa, arte o professione, di avvalersi del regime di IVA differita di cui all'art. 6, quinto comma, D.P.R. n. 633/1972 , a condizione che le relative fatture rechino espressamente l'annotazione che si tratta di operazioni con imposta a esigibilità differita e che rechino l'indicazione della relativa norma."